mercoledì, ottobre 28, 2009

I labirinti della Storia...

Cambia nome, pupa: chiamati Miles, Dean, Serge e/o Leonard, le consigliò il suo riflesso nella mezzaluce dello specchio da maquillage di quel pomeriggio. Comunque sia, loro la chiameranno paranoia. Loro. O casualmente, e senza l'ausilio dell'LSD o di altri alcaloidi indolici ti sei imbattuta in una ricchezza segreta e una nascosta densità di sogno; in una rete mediante cui un numero X di americani comunica davvero riservando le menzogne, le recite di prammatica, gli aridi tradimenti della miseria spirituale, al sistema ufficiale di distribuzione del governo; forse anche in una vera alternativa alla mancanza di uscita, all'assenza di sorprese nella vita che martoria le menti di tutti gli americani che conosci, e anche la tua, bambola. O è una tua allucinazione.
Oppure si è tramato un complotto contro di te, così costoso ed elaborato da comprendere atti quali la contraffazione di francobolli e libri antichi, la sorveglianza costante dei tuoi movimenti, la semina d'immagini di corni da postiglione per tutta San Francisco, la corruzione di bibliotecari, l'ingaggio di attori professionisti e solo Pierce Inverarity sa cos'altro, tutti pagati grazie al patrimonio con una modalità troppo segreta o troppo complessa perché la tua mente non-giurisperita la identifichi sebbene tu sia la coesecutrice, talmente labirintica da dover significare qualcosa al di là dello scherzo. Oppure te lo stai immaginando, quel complotto, e in tal caso, Oedipa, sei matta, ti manca un venerdì.

Ora che le esaminava, vide che le alternative erano queste. Queste quattro, simmetriche. A lei non ne piaceva neanche una, ma sperava di essere malata di mente: ecco tutto. Quella notte rimase seduta per ore, troppo inebetita anche per bere, a imparare da sola come si respira nel vuoto. Perché, oh, Dio... questo era il vuoto. Non c'era nessuno che potesse aiutarla. Nessuno al mondo. Erano tutti schiavi di qualcosa, svitati, potenziali nemici, morti.

Thomas Pynchon, L'incanto del lotto 49, 1966.


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domenica, ottobre 25, 2009

Etimologie colpevoli

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sabato, ottobre 24, 2009

Il mio posto nel mondo...

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mercoledì, ottobre 14, 2009

Good morning, USA!...

"L'uomo dell'anno"
Scritto e diretto da Barry Levinson, USA, 2006.

Cosa accade quando il presentatore comico-satirico Tom Dobbs (Robin Williams) si candida e vince le elezioni presidenziali USA?...

A distanza di quasi dieci anni, dopo l'arguto "Wag the Dog" (in Italia, purtroppo, intitolato "Sesso & Potere"), Levinson torna sugli schermi con una commedia satirica di tema politico, in buona parte affidata alla faccia di Robin Williams, che già aveva interpretato l'apprezzabile "Good Morning, Vietnam".

A fronte di temi di grandissima attualità quali quelli dei brogli elettorali e delle votazioni elettroniche, Levinson sembra promettere, sulle prime, una gustosa commedia al vetriolo che non risparmi critiche feroci sul sistema politico bipolare degli Stati Uniti e sull'invadenza delle lobby, ma presto compie una visibile "retromarcia" per assestarsi su toni da commedia "addomesticata" che arriva, addirittura, a "redimere" e "giustificare" il bersaglio della propria satira.

Regista-sceneggiatore hollywoodiano di mestiere, Levinson compie il suo lavoro da professionista, con una regia onorevole ma senza troppi guizzi di originalità, dichiara esplicitamente il rapporto dialettico tra cinema e televisione, ma si svincola frettolosamente dalle implicazioni più interessanti della sceneggiatura e della rappresentazione filmica, nella speranza che Williams regga da sé le sorti della storia. Robin Williams, però, non ha più la verve e la fisicità che lo hanno portato al successo e spesso risulta rigido e "gommoso" nella sua interpretazione, stemperando nei "buoni sentimenti" la vena caustica che il suo personaggio potrebbe/dovrebbe avere.

Un'occasione mancata, insomma, che amareggia ancora di più in relazione allo spreco delle sue potenzialità critiche e che perde decisamente nel confronto col precedente "Wag the Dog".

Per rendere l'idea... cosa accadrebbe in Italia, se Beppe Grillo vincesse le elezioni?!?...


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lunedì, ottobre 12, 2009

Vero amore...

Ben Harper
Ground on Down
(Fight for Your Mind)

I believe in a few things:
God, the Devil and Love,
Cause I've looked up from the bottom
and I've stared down from above.
And I have faith in a few things:
Divinity and Grace,
But even when I'm on my knees,
I know the devil prays.

And you're working your way,
From the ground on down.

I hate to say I love you,
Because it means that I
will be with you forever
or will sadly say goodbye.
And I love to say I hate you,
Because it means that I
will live my life happily
without you
or will sadly live a lie.

And you're working your way,
From the ground on down,
On down. Your way,
From the ground on down,
On down.

Life is short
and if you're looking for extension,
With your time, you had best do well,
Cause there's good deeds
and there is good intention,
They're as far apart as heaven and hell.

And you're working your way,
From the ground on down, On down.
Your way, From the ground.
Way.


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venerdì, ottobre 09, 2009

Prometeo liberato

Un dì m'incatenarono
ad una penna spuntata e stinta,
ad una lingua arcaica e morta,
ad una storia senza fine.

Un dì m'incatenarono
ad un alloro falso e bugiardo,
ad una Musa senz'occhi e orecchi,
a un'accademia senza scranni.

Un dì m'incatenarono
ad un domani senza futuro,
a un lungo sogno senza risveglio,
a un'illusione senza vita,


Prometeo liberato,
ardo e mi consumo,
non chiedo braci o fiamme,
ma solo un po' di pace.


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lunedì, ottobre 05, 2009

Giù il sipario

...sommesso, il custode spense la luce, chiuse la porta e augurò buona notte alla sala ormai vuota...


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sabato, ottobre 03, 2009

Il segreto dell'insuccesso

"Americani"
(tit. or. "Glengarry Glen Ross")

Regia di James Foley, scritto da David Mamet, USA, 1992.

Due giorni di lavoro presso un'agenzia immobiliare, durante i quali lo sparuto manipolo di venditori si trova a fronteggiare paure, problemi personali, ripicche tra colleghi, ipocrisie, l'angoscia di un mercato in forte crisi e lo spettro del licenziamento per chi non raggiungerà gli obiettivi prefissati dai cinici superiori.

Straordinario adattamento cinematografico di una pièce teatrale dello stesso Mamet (che gli è valsa il Premio Pulitzer), che spinge al parossismo e prende di mira la folle mistica, tutta americana, del "venditore d'assalto".

Un cast stellare, tutto maschile, che vanta nomi (e volti) veramente degni di nota: Al Pacino, Jack Lemmon, Ed Harris, Alan Arkin, Kevin Spacey, Jonathan Pryce.

Ottimo esempio di film teatrale, con dialoghi sferzanti e dal ritmo incalzante, interpreti in grande forma.
James Foley, regista di provenienza seriale televisiva e videoclippara, firma una elegante regia diligentemente al servizio degli attori.

Una fotografia ammirevole e, ad impreziosire il tutto, una colonna sonora jazz di tutto rispetto, opera di Wayne Shorter.

Semplicemente, un piccolo gioiello di cinema indipendente alla newyorkese.

Curiosa scelta per il titolo italiano, che sembra prendere le distanze da una realtà che non si vorrebbe appartenente al nostro paese, ma che, sappiamo bene, di avere importato già da un pezzo.

Caldamente raccomandato a chi ha apprezzato "The Big Kahuna" (di John Swanbeck, USA, 1999), del quale questo "Americani" sembra essere un nobile precursore ed un'antitesi al tempo stesso!...



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venerdì, ottobre 02, 2009

A suitcase of guns...

"Romanzo Criminale"
Regia di Michele Placido, Italia/Francia/Gran Bretagna, 2005.

Sulla falsa riga dei fatti della "Banda della Magliana", il film ricostruisce la carriera criminale di una banda di borgatari romani che decidono di conquistare la città e metterla ai loro piedi.

Il film si riallaccia a tragiche vicende del nostro paese, ma ammicca ai grandi "crime movie" d'oltreoceano (da De Palma a Tarantino). Il risultato è un po' un pastiche cinematografico che suggerisce grandi complotti di stato, ma poi si ferma ad una romantica apologia del bello e dannato, puntando sulla sfilza completa degli attori del nuovo cinema italiano (Santamaria, Accorsi, Scamarcio, Germano e tutto il resto della combriccola).

Interessante nelle intenzioni... un po' meno negli esiti. Si può dare di più...


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Accadde ieri

"La Guerra di Charlie Wilson"
Regia di Mike Nichols, USA, 2007.

Charlie Wilson (Tom Hanks) è uno spregiudicato deputato del Texas con la passione per la gonnella e la boccia di wiskey, che, per insistenza ed interesse di una sua ricca sostenitrice politica (e disinvolta amante), si incarica di incrementare le sovvenzioni e le forniture di armi ai mujaheddin afgani che combattono contro l'esercito sovietico, fino a dare origine alla più grossa operazione di "guerra segreta" nella storia.

Film verboso e un po' autocompiaciuto. Diverte in alcune scene brillanti, ma afferma e nega continuamente fino alla conclusione che sembra propendere per una lettura antifrastica della vicenda narrata.

Ottima prova d'attore per Phillip Seymour Hoffman, un attore che convince sempre di più ogni pellicola.

Personalmente, ho faticato parecchio ad empatizzare col personaggio principale (devo ammettere che, in genere, appartengo alla schiera di quelli che digeriscono poco Tom Hanks) e sospetto che il film sia fortemente indirizzato ad un pubblico americano, che stenta a ricordare oggi quel che è accaduto appena ieri.

L'apparente schiettezza di questa pellicola puzza un poco di "ruffianeria" visto che, per tutto il film, l'appoggio bellico degli Stati Uniti ai mujaheddin viene pasciuto quasi esclusivamente dietro la retorica ormai (tristemente) abusata della "necessità di esportare la democrazia", quasi non fosse risaputo che dietro la sovvenzione di guerre, ci sono, sempre e comunque, interessi economici, petroliferi e accondiscendenza verso i produttori di armi belliche.
La favola della "democrazia da esportazione", non convince più: basta guardare le evoluzioni politiche, economiche e belliche cui abbiamo assistito proprio in Afghanistan col regime dei talebani!...

Non mi sento di consigliarlo, ma immagino che a molti potrebbe piacere per via dell'argomento centrale e per via del taglio volutamente caustico.


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giovedì, ottobre 01, 2009

Poveri diavoli di provincia...

"Onora il padre e la madre"
(tit. or. "Before the Devil knows you're dead")

Regia di Sidney Lumet, USA, 2007.

Epopea al fiele sulle miserie umane ed i veleni familiari nei sobborghi residenziali della provincia newyorkese.
Nero... Nerissimo fino al paradosso, al punto da fare pensare ad una "black comedy"... qui, però, non c'è il sarcasmo caustico di un Todd Solondz né la goffaggine criminale dei Coen. C'è solo una spirale di anime perse dentro le proprie disillusioni e fallimenti.

Regia esemplare, ricercata ma senza ostentazione, da vero esperto cineasta quale è Sidney Lumet.

Attori splendidi (in particolar modo Philip Seymour Hoffman ed Albert Finney), forse un po' sviliti da un doppiaggio poco felice e molto sopra le righe.

Menzione speciale per Marisa Tomei nella parte della bellissima stupida e piena di frustrazioni.

Una piccola nota di disappunto per il titolo italiano che banalizza non poco i motivi portanti della storia. Infinitamente più esplicativo (e suggestivo) il titolo originale.

Vivamente consigliato a chi non teme di guardare sotto il tappeto nuovo di "suburbia"!


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