mercoledì, novembre 26, 2008

Il mio sogno impossibile

Ho osservato una lumaca strisciare lungo il filo di un rasoio, questo è il mio sogno, è il mio incubo: strisciare, scivolare lungo il filo di un rasoio e sopravvivere.

-Col. Walter E. Kurtz-
(Apocalypse Now)


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sabato, novembre 22, 2008

La prima volta...

La prima spesa che feci, una volta messo piede nella mia prima casa di Bologna, constava di un paio di pacchi di pasta, del latte, biscotti e cereali per la colazione.
Io e l'amico M, primo compagno di camera della mia vita da studente universitario, non andammo, come gli altri di casa, all'ipermercato del centro commerciale poco distante, ma optammo per il più modesto (e meno conveniente) Centro Marco Polo, al quale si arrivava attraversando i giardinetti che erano dietro il nostro condominio.

Era già dicembre e trovare una casa a Bologna si era rivelata, per un ragazzino giovane e inesperto come me, un'impresa ben più ardua e lunga del previsto.
Avere finalmente un mazzo di chiavi in mano e non dovere più passare le giornate a scartabellare annunci e numeri di telefono sembrava la più grande delle conquiste e, in fondo, anche le difficoltà affrontate rendevano quel momento ancora più gustoso.

Avevo mille cose che mi frullavano per la testa e mi sentivo microscopico rispetto al mondo che mi circondava, ero continuamente sospeso tra un vago senso di stupore, l'attesa di grandi opportunità ed il timore di non essere all'altezza.
Ricordo come rimanessi colpito dalla spigliatezza che notavo nella gente che conoscevo ogni giorno a lezione ed in giro, pareva quasi che tutti sapessero perfettamente chi erano, cosa piaceva loro e cosa avrebbero ottenuto dalle loro vite, mentre io ero, nella mia testa, solo l'ultimo arrivato dalla provincia d'Italia, dalla quale venivo con tanto entusiasmo e zero conoscenza. Nelle pause tra una lezione e l'altra, rimanevo incantato ad ascoltare colleghi che conversavano snocciolando nomi su nomi di gruppi e musicisti dei generi più alternativi o di culto; musicisti, registi, drammaturghi e scrittori dei quali non avevo mai sentito neanche i nomi prima di allora, ma che, a quanto pareva, dovevano essere, nelle vite di chi mi circondava, il pane quotidiano; io cercavo di parlare poco e ogni tanto lanciavo lì qualche battuta nel tentativo di mostrarmi simpatico, ma non capivo quasi nessuna delle citazioni che volevano nell'aria e che gli altri si scambiavano.

Di quelle settimane ricordo il freddo fosco che mi avvolgeva, all'uscita dall'aula nella quale trascorrevo le giornate, quando, dileguatosi il gruppo fisso dell'ultima fila, mi avviavo verso la fermata dell'autobus intabarrato nel mio giubbotto di pelle, berretto e sciarpa, quasi camuffato ed irriconoscibile.

Ricordo che, arrivato a casa, c'era sempre un bel tepore in cucina, chiacchiere rumorose, un bicchiere di vino per scaldarmi ed un piatto di pasta pronto da lì a poco.

Ricordo anche nottate e nottate ad ascoltare la radio e certe compilation sulle cassettine che mi aveva regalato Marco. Ricordo l'amico M. che mi parlava di gruppi e concerti rock che stentavo anche ad immaginare o mi spiegava performance che non capivo, mentre giocavamo a dipingere di blu-cobalto tutto quello che ci capitava a tiro per casa. Tutto quello che ci passava per la testa, ci sembrava bello e degno di finire in un film o in un fumetto...

Di quei giorni conservo un ricordo vivido e lontano al tempo stesso, quasi fosse stato un altro a vivere quei momenti; qualcuno che ormai non c'è più e che io ho solo tenuto d'occhio per riuscire a prenderne il posto in un attimo di distrazione collettiva.
Dio sa dove possa essere finito quel tizio. Un tempo lo rivedevo quando sfogliavo le vecchie agende piene di appunti e poesie, ma ormai non si trova neanche lì.

Questa notte, però, quel ragazzino diciannovenne l'ho rivisto, per un attimo... solo un attimo, evocato dai brani dei CCCP e dei CSI... e pensare che allora la musica di Ferretti e compagni non mi piaceva neanche...


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venerdì, novembre 21, 2008

Il tatto della lingua

Ancora un altro videoclip dal gruppo
Marta sui Tubi





Cinestetica
(dall'album "Sushi & Coca")


Ho visto sante a me devote diventare troie due minuti dopo avere
conosciuto il mio migliore amico ubriaco.

Sono stato e forse sarò sempre attratto da tutte le cose che può fare la lingua
La lingua sa annusare meglio del tuo naso e di sicuro sa capire cosa vuoi
lei lo sa quando non è il momento di parlare
ancora e ti spiegherà che
è il tatto che da il titolo al contatto perchè

Ti stanchi solo di chi ti sta addosso
Staccati pure a dove ti pare e torna a darmi un morso
E` ancora meglio se lasci il segno che mi ricorderà di te

Lei lo sa che chi ha coraggio ha un buon sapore
Per chi lo assaggerà
La lingua mente ma non sa ingannare perchè è
CINESTETICA puoi toccarmi finchè vuoi

Prima mai e poi mai poi come mai
Più dai più vuoi più ne vorrai di più
(quando la lingua si dilunga qualcuno si dilegua)
Potrei mai farti spettare un giorno ancora
senza arrivare mai
oppure bla bla senza dire niente?
CINESTETICA puoi toccarmi finchè vuoi

Ci-ne-ste-ti-ca-co-me-me-ce-ne-vuole
Prenditi quello che vuoi....disordine...

Ho visto sante a me devote diventare troie in due minuti dopo avere conosciuto il mio migliore amico ubriaco.

CINESTETICA puoi toccarmi finchè vuoi

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giovedì, novembre 20, 2008

So stupid, so funny, so smart...

venerdì, novembre 14, 2008

Etimologie quotidiane

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martedì, novembre 11, 2008

E.T. - Extreme Terror



La scorsa notte ho visto un film horror
ed io c'ero dentro
fino al collo!

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domenica, novembre 02, 2008

La musica che sarà...

- No, - stava ancora dicendo Polpetta. - No, temo di no. Questa non è una casa di malaffare. Mi spiace, veramente.
Fettone era irremovibile. - Ma il capo ha detto... - continuava a ripetere. Il marinaio offrì liquore in cambio di un bel fiammifero. Polpetta si guardò disperatamente attorno, come in cerca di aiuto. Al centro della stanza, il quartetto del Duke di Angelis stava vivendo un momento storico. Vincent era seduto, e gli altri erano in piedi: eseguivano le esatte movenze di un gruppo impegnato in una session: solo, senza strumenti.
- Insomma, - fece Polpetta.
Duke mosse la testa un po' di volte, sorrise appena, accese una sigaretta e alla fine si avvide della presenza di Polpetta. - Calma, tu, - sussurrò. Vincent cominciò a mulinare le braccia coi pugni chiusi; d'un tratto si fermò, quindi ripetè la mossa. La storia continuò per qualche minuto mentre Polpetta sorbiva contrariato il suo bicchiere. I marinai si erano eclissati in cucina. Infine, come a un invisibile segnale, il gruppo smise di battere i piedi e Duke sogghignò, e disse: - Almeno abbiamo finito insieme.
Polpetta lo guardò male. - Insomma, - disse.
- Amico, io ho questo concetto nuovo, - osservò Duke. - Ti ricordi il tuo omonimo? Ricordi Gerry?
- No, - rispose Polpetta. - Mi ricorderò April, se può servire. I'll remember April.
- A dire il vero, - disse Duke, - era Love for Sale. Il che dimostra che non ne sai molto. La verità è che erano Mulligan, Chet Baker e quella loro banda dei vecchi tempi, di una volta. Afferri?
- Sax baritono, - rispose Polpetta. - Qualcosa a proposito di un sax baritono.
- Ma niente piano, bello. Chitarra, niente. E neanche fisarmonica. Sai cosa vuol dire questo.
- Non proprio, - rispose Polpetta.
- Be', anzitutto lasciami dire che io non sono né Mingus né John Lewis. La teoria non è mai stata il mio forte. Intendo che per me, leggere quelle cose lì è sempre stato un patema...
- Lo so, - rispose brusco Polpetta. - Ti hanno perfino tolto la tessera del Kiwanis Club perché a un picnic sociale hai massacrato il Tanti Auguri.
- Era il Rotary. Però... in un lampo di genio mi è venuto in mente che se in quel primo quartetto di Mulligan non c'era il piano, poteva significare solo una cosa.
- Niente accordi, - disse Paco, il contrabbassista con la faccia da bambino.
- Quello che sta cercando di dire, - osservò Duke, - è: niente accordi fondamentali. Niente da ascoltare mentre suoni una frase orizzontale. In questa situazione uno deve "pensarli" quegli accordi.
Un'inorridita consapevolezza stava facendosi strada in Polpetta. - E' l'estensione logica successiva, - disse.
-Tutto si deve pensare, - dichiarò Duke con semplice dignità. - Base, linea, tutto quanto.
Polpetta guardò Duke con ammirazione. - Ma... - disse.
- Be', - disse Duke, modesto. - C'è ancora qualche cosina da sistemare.
- Ma... - disse ancora Polpetta.
- Tu, ascolta, - disse Duke. - E capirai.
E tornarono in orbita, probabilmente in qualche punto della fascia asteroidale. Dopo un po', Krinkles portò le labbra all'imboccatura e cominciò a muovere le dita, e Duke si batté la mano sulla fronte. - Uhi! - tuonò. - L'attacco nuovo che stiamo usando, ricordi?... Quello che ho scritto ieri sera?
- Certo, - rispose Krinkles, - il nuovo. Io entro sul raccordo. In tutti i tuoi attacchi, io entro lì.
- Bene, - disse Duke. - Allora perché...
- Che? - disse Krinkles - Sedici battute; aspetto; entro...
- Sedici? - disse Duke. - No. No, Krinkles. Otto, hai aspettato. Vuoi che te la canti? Una sigaretta con tracce di rossetto, voglio volare in un posto romantico, datemi qua il biglietto.
Krinkles si grattò la zucca. - These Foolish Things, vuoi dire.
- Giusto, - rispose Duke. - Giusto, Krinkles. Bravo.
- Non I'll Remember April, - disse Krinkles.
- Minghe Morte, - disse Duke.
- Mi sembrava che la stessimo facendo un po' lenta, - disse Krinkles.
Polpetta ridacchiò. - Torniamo all'abicì, - disse.
- No, amico, - disse Duke, - torniamo al vuoto senza aria.
E ripartirono: ma sembrava che Paco stesse suonando in sol diesis metre gli altri erano in mi bemolle, quindi dovettero cominciare da capo.

Thomas Pynchon, Entropia
(ora in Un lento apprendistato),1959.


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sabato, novembre 01, 2008

I bimbi cattivi dell'indie rock italiano